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Nel cuore del Parco Archeologico di Capo Colonna, in Calabria, l’unica colonna rimasta dell’antico Tempio di Hera Lacinia sta per essere svenduta a un facoltoso compratore straniero in cambio di uno sconto sulle tasse per la cittadinanza. Erika, una giovane archeologa profondamente legata a quel luogo e alla sua storia, assiste con rabbia e impotenza al “furto” di un pezzo d’identità collettiva, in un contesto segnato da abbandono istituzionale, indifferenza e ignoranza. Attorno a lei, nessuno sembra reagire: i custodi del sito sono distratti, le istituzioni assenti. Don Claudio, amico di una vita, le suggerisce di voltare pagina, di lasciar andare; di partire, come tanti altri hanno fatto prima di lei. Ma Erica non riesce a rassegnarsi. Le parole di sua madre, prima di morire, le hanno lasciato una certezza: suo padre, un tempo tombarolo, aveva progettato il furto della colonna. Un piano mai realizzato. Erika torna da lui, determinata a farsi consegnare quel progetto. Ma l’uomo, segnato dalla paura e dal rimorso, si rifiuta: ha chiuso con quel mondo e teme che la figlia, sfidando la legge, possa fare la sua stessa fine. La tensione tra i due riporta a galla vecchie ferite familiari, ma anche un legame profondo, mai spezzato. E alla fine, Erika riesce a ottenere ciò che cerca. In una notte carica di simboli e memoria, Erika mette in atto quel piano con un nuovo significato: non per rubare, ma per salvare. La colonna diventa l’emblema di una resistenza personale e collettiva, un gesto folle e poetico che sfida l’assuefazione e il cinismo.
